La disoccupazione cresce e i Centri per l’Impiego non vengono contattati dagli utenti lavorativamente inattivi
CPI e disoccupazione
Consultando i dati Istat e gli indicatori dell’occupazione relativi ai quattro trimestri del 2021, si mostra evidente un quadro disgregato ed allarmante del mercato del lavoro in Italia, e specialmente in alcune Regioni. L’aspetto che desta maggiore preoccupazione, consiste nella percentuale, sempre minore, dei disoccupati che contattano il centro per l’impiego di riferimento (eccetto in alcune province come Rovigo e Ancona ove si stima la maggiore percentuale di contatto dei CPI), specialmente nelle province del Sud Italia; ad esempio nella provincia di Taranto i disoccupati che hanno avuto un contatto con il centro per l’impiego raggiungono a malapena l’1,4%.
È un dato di fatto che in Italia i CPI ancora non sono un punto di riferimento per i disoccupati, tant’è vero che solo una persona su tre in cerca di occupazione ha contatto nell’ultimo anno il centro per l’impiego di riferimento, e principalmente per effettuare o rinnovare la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (DID).
Una situazione difficile
Il ruolo dei centri per l’impiego, seppur messo a dura prova dalla crisi economica, appare limitato nello svolgimento delle attività di ricerca di un’occupazione. Evidenti problematiche vi sono anche per quanto riguarda la formalizzazione di una concreta ed efficiente rete di servizi, capace di realizzare percorsi di formazione, orientamento e riqualificazione dei lavoratori sul territorio.
In tal modo diventerà sempre più difficoltoso dare un futuro lavorativo ed una speranza occupazionale a tante persone, non potendo favorire l’incontro fra domanda e offerta di lavoro.
Basti pensare che la provincia di Reggio di Calabria, ad esempio, nonostante sia quella con il più basso tasso di occupazione, ha il più alto tasso di inattività.
In tutto ciò risalta una grande percentuale di inoccupati in cerca di lavoro.
Quanto alle caratteristiche del mercato del lavoro, il settore con più occupati su scala nazionale è l’industria in senso stretto (20,4%), mentre il diploma è il titolo di studio della maggior parte degli occupati (46,0%). Prevalgono i lavoratori a tempo pieno (81,2%) e dipendenti (78,2%). Le professioni intellettuali sono quelle più diffuse: il 34,3% dei lavoratori sono dirigenti, professionisti e tecnici, gli impiegati sono il 31,6%, mentre scarseggiano i lavoratori manuali specializzati (23,2%) e ancor più quelli non qualificati (10,9%).
La formazione è soluzione
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